“Il Virus” è un gioco di ruolo. I partecipanti ideali sono persone che lavorano o vogliono lavorare per musei, associazioni no profit, centri di produzione di performing arts, teatri. Serve per riuscire a sviluppare una strategia di comunicazione sul web che funzioni anche in presenza di ostacoli formidabili, che in quei contesti sono frequenti: la mancanza di soldi, la mancanza di chiarezza sulla mission e l’assenza di competenze tecniche specifiche. Potete scoprire tutto su il Virus in tre modi:
1 – Guardare il video qui sotto, realizzato da Svegliamuseo (tempo: 1 ora, livello di approfondimento alto)
2 – Leggere il resto dell’articolo (tempo: 5 minuti, livello di approfondimento basso)
3 – Contattarmi e parlarne con me (tempo: 15 minuti, livello di approfondimento ottimale)
Com’è nato il progetto
Nelle scorse settimane ho tenuto dei corsi di comunicazione e marketing sul web per istituzioni culturali, in alcuni casi in collaborazione con Fondazione Fitzcarraldo, che da anni svolge un’importante lavoro in questo settore.
Sviluppando una tecnica espositiva affinata con gli anni in una serie di lezioni all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ho proposto ai partecipanti di partecipare ad un gioco di ruolo. Lo scopo – nel gioco – era quello di sviluppare un progetto di comunicazione sul web relativo ad una mostra di un museo d’arte, in assenza di budget e risorse umane dedicate, in assenza di mission e con obiettivi individuali conflittuali. Insomma, ho cercato di replicare la situazione reale della maggior parte dei musei italiani. Ho caricato ulteriormente i toni perché non siamo mica qui a raccontarci le favolette. Le cavie, devo dirlo, erano consenzienti.
Dal punto di vista formativo, gli scopi erano invece:
- Depotenziare l’autorità del “docente” per aumentare il coinvolgimento di chi impara
- Presentare l’idea che le strategie per lo sviluppo di una comunicazione sul web, nei musei, debbano essere affrontate in un’ottica di reale collaborazione con tutte le altre funzioni e professionalità dell’istituzione – questa è una mia mania
- Presentare l’idea che chi lavora alla comunicazione web, nei musei, debba trovare il modo di essere presente nei contesti in cui si prendono le decisioni
- Favorire l’emergere di nuove competenze in una dinamica relazionale
- Inserire elementi formativi in un formato che si presta allo sviluppo di storie autonome
- Immergere chi impara in una situazione familiare (i ruoli e i problemi sono conosciuti)
- Fornire a tutti l’opportunità di mettere in scena quella situazione familiare da punti di vista inediti (una delle regole era che non si dovevano rivestire i ruoli che davvero ci toccano nella vita lavorativa)

Due o tre parole di spiegazione alla Weigh Station For Culture, Bolzano
Ecco l’elenco dei ruoli:
Interni: Curatore, Responsabile comunicazione, Addetto stampa, Responsabile del marketing, Stagista sfruttato, Direttore del museo, Responsable della didattica, Project manager,
Esterni: Sponsor, Giornalista, Blogger
La responsabilità del successo, secondo le regole del gioco, era assegnata casualmente ad uno dei membri interni dell’istituzione, identificato da un’apposita carta jolly: il virus della conoscenza libera e accessibile.
Ho testato il gioco, in varie situazioni nelle ultime settimane, con 73 persone. La maggior parte erano dipendenti o collaboratori di istituzioni culturali pubbliche. In un paio casi erano figure dirigenziali.
I questionari distribuiti al termine mi hanno insegnato alcune cose. La prima è che il virus serve. A tutti piacciono i giochi di ruolo, ma se lo scopo è quello di far emergere delle considerazioni utili, è necessaria molta chiarezza sulle regole. Affidare ad una persona che non sia il docente il compito di guidare l’azione e di riferire sui risultati permette di spostare dentro la logica del gioco il meccanismo di responsabilizzazione. Se è in character, funziona.
Ho imparato anche che non si possono fare queste cose per tempi troppo lunghi, e che è prudente svolgere almeno un momento lavoro comune su altre cose – ad esempio una sessione di domande in libertà – prima di introdurre il gioco. Non si può passare dalla modalità frontale a quella collaborativa in modo brutale.
Nei questionari, ho ricevuto commenti positivi o molto positivi dai partecipanti. In particolare, il gioco di ruolo è stato ritenuto “utile” ed ha contribuito a caratterizzare il momento formativo come “flessibile”.
Una persona, a margine, mi ha segnalato che pur apprezzando in generale l’esperimento, trovava eccessiva l’insistenza da parte mia su considerazioni di ordine strategico-gestionale, a detrimento di aspetti tecnici. Effettivamente, la mia impostazione ha questa impronta, perché penso che chi lavora alla comunicazione web nei musei debba evitare di essere percepito come “tecnico”. Detto in altro modo, la carenza di competenze tecniche in questo settore è senz’altro un problema, ma quella di leadership lo è di più.
Conclusioni
Penso che un gioco di ruolo come quello descritto può essere utile per dare elementi di leadership a chi lavora alla comunicazione web nei musei. Rivestire un ruolo familiare ma inedito, ad esempio, può aiutare a capire come essere presente nei contesti in cui si prendono le decisioni. Sperimentare l’assunzione di responsabilità potrebbe anche aiutare a diventare più influenti e propositivi. Le prime rilevazioni sono state positive.
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