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The Big Change

“Il cambiamento epocale, per i musei, arriverà quando i grandi collezionisti e i grandi musei accetteranno di condividere i dati delle loro opere”. Parola di Nigel Shadbolt, che ho intercettato al termine del suo discorso alla 13esima edizione della International Semantic Web Conference.

Shadbolt, che a dirla tutta è Sir Nigel Shadbolt, non fa parte della tribù dei musei, ed è per questo che mi interessava sapere cosa ne pensa. Insegna Artificial Intelligence alla University of Southampton. Ma soprattutto dirige lo Open Data Institute, che ha fondato insieme a Tim Berners Lee, altro Sir.

Il lavoro fatto dall’ODI nel Regno Unito per promuovere la “conoscenza per tutti” è straordinario. Tra gli esempi più notevoli c’è www.prescribinganalytics.com. Ogni medico di base del paese condivide i dati delle ricette prescritte ai malati (omettendo i nomi ovviamente). La mappa delle relazioni tra questi dati permette di scoprire fatti nuovi e sorprendenti. Ad esempio un anno di dati sulla prescrizione di farmaci come le statine ha dimostrato che ci sono grandi differenze di costo su base regionale. I medici del nordest dell’Inghilterra prescrivono farmaci generici molto più raramente di quelli di altre regioni. Il piatto è servito per la politica.

Su landregistry.data.gov.uk è possibile rendersi conto che il valore catastale delle case è in diretta relazione con la qualità delle scuole.

Per convincere gli enti pubblici a rilasciare i dati, Shadbolt e il suo team hanno lavorato per dimostrare come l’efficienza interna, una volta adottati questi strumenti, aumenti in modo esponenziale. Naturalmente una strategia di questo tipo si basa sull’assunto che la Pubblica Amministrazione accetti il principio che l’efficienza interna vada aumentata.

Ma perché i dati liberi abbiano successo, ha detto Shadbolt, serve un altro requisito: che i cittadini trovino “facile” e “utile” l’idea di curare quei dati per produrne delle applicazioni.

Qui dovrebbe suonare la campanella per chi si occupa di cultura. I musei sono i luoghi in cui lavorano i professionisti della curatela. Nel web degli open data, i dati sono per tutti e chiunque può essere un autore e un curatore. I professionisti dei musei non sono minacciati da questi sviluppi: al contrario, ne possono diventare i leader, perché la domanda di interpretazione dei dati può solo aumentare. Invece l’aura residua connessa alla presenza di un oggetto originale in un posto specifico potrebbe ulteriormente diminuire.

La reputazione nei musei non si difende limitando l’accesso ai dati e proponendo interpretazioni, per quanto di qualità, alla comunità di pari; bisogna aprire i dati a tutti e fare del museo non più un luogo che conserva oggetti, ma il centro dell’interpretazione e del senso.

it’s not just about having open data. It’s about having open participation

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