“Porta un romanzo, un quotidiano, e un asciugamano.”
Queste le risicate istruzioni per i partecipanti a “Sintesi per logorroici”, il mio workshop pensato per aiutare chi sta cercando la giusta misura nella comunicazione istituzionale o d’impresa. Una puntata pilota di questo nuovo formato si è svolta al Mart di Rovereto domenica 5 marzo 2017. Se guardando le foto pensate che sembro Saul Goodman sappiate che me ne sono accorto e oggi mi sono tagliato i capelli.
Siamo partiti con un’autovalutazione della logorrea percepita – io ad esempio mi sono definito un introverso laconico con rare ma letali punte di logorrea in momenti di stress. E poi abbiamo cominciato a parlare, parlare, parlare. Un po’ fight club, per capirsi, ma si parlava di libri. Gradualmente abbiamo cercato di dare una struttura alle parole, imponendo dei limiti precisi a quello che stavamo dicendo, sia in termini di quantità che di qualità.
Nella comunicazione istituzionale si fa molta fatica a essere brevi e chiari. Uno dei motivi, penso, va ricercato nel basso potere negoziale degli uffici stampa rispetto alle richieste delle dirigenze, che sono spesso a digiuno di competenze comunicative e incapaci di delegare. I logorroici sono i capi, insomma, e magari lavorano con persone senza contratti, senza diritti, e senza voce che non sia quella di una logorrea prudenziale di riflesso.
Quello che serve è quindi l’esperienza della libertà nei confronti del testo.
Solo che
la libertà senza limiti uccide la libertà (Tzvetan Todorov, “The Fear of Barbarians”, p.153)
quindi il primo atto che dobbiamo osare per conquistare libertà nei confronti di testi farraginosi da editare è quello di imporre dei limiti alla nostra azione. L’esercizio “dialoghi laconici” puntava a questo, e i partecipanti sono stati straordinari. Ne sono uscite un paio di perle, tra cui un bell’endecasillabo, “l’amara morte di una bella donna”.
La seconda parte del mio workshop prevedeva tre esercizi
- Editorial Detectives
- Il rasoio di Occam
- Il dettaglio che luccica
Siamo riusciti a finire solo il primo, ma è stata una lunga e bella cavalcata. Per imparare a fare sintesi, ci siamo detti, alleniamoci a scrivere titoli. E i titoli che funzionano sono quelli che da un lato non tradiscono il contenuto, ma dall’altro rispondono alla domanda del lettore “cosa c’è di interessante per me?”
Per poter immaginare delle risposte a questa domanda, bisogna sapere chi sono i lettori dei mezzi di comunicazione, e quindi decrittarne le linee editoriali. Che non è proprio una passeggiata.
L’asciugamano doveva servire per comporre brevi testi che girano intorno a un particolare. Il riferimento testuale era Douglas Adams, e quello visivo “La morte di Marat” di Jacques-Louis David.
In conclusione, la logorrea non è tanto male. Se gestita, ha un potenziale di relazione che noi introversi magari invidiamo. E per cavarne un po’ di sintesi non bisogna eliminarla, ma solo darle ritmo, codici, direzione.
(si nota la tripartizione enfatica finale?)
Fantastico! Saul Goodman XD
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