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Triennale Plus

Il lavoro per lanciare Triennale Plus è quasi terminato. La guida per iPad sviluppata da Explora Museum, e per cui ho coordinato i contenuti, funziona che è una meraviglia sfruttando la tecnologia iBeacon e la straordinaria densità di contenuti della Triennale di Milano. In particolare quelli di “Arts & Foods“, l’esposizione curata da Germano Celant. La mostra è uno dei padiglioni di Expo 2015. Personalmente la trovo affascinante, completa, e molto più divertente di quanto mi sarei aspettato.

La comunicazione ufficiale partirà a breve, ma intanto c’è una cosa da appuntare, che ho verificato di persona trascorrendo diverse ore nelle sale della Triennale. Come già notato al Muse di Trento – dove la guida è in funzione da oltre un anno ed è stata recentemente estesa a tutti i piani del museo – chi usa l’app lo fa spesso in coppia. Tra queste coppie ho notato diversi comportamenti. Uno in particolare mi ha colpito, e ve ne faccio la cronaca, parzialmente fotodocumentata.

1. Due persone si avvicinano all’opera “Chef Pére Paul” di Claude Monet. Hanno una guida a testa. Lei ascolta sull’app le informazioni sull’opera. Lui sta accanto a lei, ignora l’app, osserva il quadro a lungo, prende la sua reflex, lo fotografa.

2. Si spostano due metri più la e ammirano la riproduzione di un bar milanese. Sembrano soddisfatti, divertiti, parlano tra di loro

Triennale Plus. Explora Museum

3. Lui va a cercare una didascalia. Lei controlla se all’installazione corrisponda un punto di ascolto sulla guida. Per questo particolare bar, non c’è nulla

Triennale Plus. Explora Museum

4. Con un movimento che farà disperare i cultori del solipsismo puristico museale e che farà divertire i cultori dell’integrazione tra cultura e realtà, entrambi estraggono contemporaneamente lo smartphone dalle loro borse

Triennale Plus. Explora Museum

5. Entrambi cercano delle informazioni sui loro dispositivi personali

Triennale Plus. Explora Museum

6. Lui telefona a qualcuno, lei guarda di nuovo l’app, scopre che lì vicino c’è un punto di ascolto relativo a un’opera di Georges Braque, e si guarda intorno per capire dov’è

Triennale Plus. Explora Museum

Non sarebbe serio avanzare elaborazioni teoriche con osservazioni così limitate. Uso questo esempio solo per sottolineare un punto: le persone cercano informazioni, lo fanno come vogliono loro, e non amano stare da sole di fronte all’arte. O meglio, a certe persone piace stare da sole di fronte all’arte. Sono gli addetti ai lavori, che sanno già tutto, e hanno bisogno di contemplazione e concentrazione per ragionare. Per molti di loro, l’idea di introdurre schermi, telefoni e macchine fotografiche suona come un impoverimento dell’esperienza di comunione estatica con l’opera d’arte. Queste poche persone, nei musei italiani, che siano pubblici o fondazioni private, decidono tutto.

Per tutti gli altri, però – per il 95% dei visitatori reali e potenziali dei musei, che sono anche i contribuenti i cui soldi hanno permesso la creazione dei musei – tutte queste attività sono un arricchimento dell’esperienza di visita. Parlarsi, leggere informazioni a parete, su uno schermo, su un altro schermo, scattare una foto, cercare gli orari del treno per sapere quando uscire.

Nel flusso di questa attività – complesso, frammentario e multidirezionale tanto quanto il flusso di coscienza interiore di un curatore – quello che ci irrita è non trovare informazioni, o dover sostenere uno sforzo eccessivo per rintracciarle.

E’ per questo che gli iBeacon funzionano: le informazioni appaiono nel tuo raggio d’azione quando ti servono, e scompaiono quando te ne vai. Quel raggio d’azione è molto stretto, perché dentro ci sono altre cose: il passaparola, la telefonata, le fotografie.
Non è lo schermo a fare la differenza: è l’esperienza di trovarsi in un luogo d’arte, in Italia, e sentirsi bene perché le informazioni sono facili da trovare.

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