Ma certo che si può fare. Le foto nei musei italiani si possono fare. Lo dice la legge, lo dicono i professionisti dei musei, lo chiedono i visitatori e chi produce cultura, lo dicono – se letti senza fette di prosciutto sugli occhi – gli statuti dei musei. Si può fare. Alcuni musei addirittura lo chiedono, con garbo.
In molti musei si possono organizzare eventi privati – in contesti meravigliosi che spesso le aziende non considerano – e che pullulano di bellezza, di artisti e di collezionisti. Ci sono musei in cui puoi portare i bambini a dormire nelle sale espositive tra lupi e orsi (impagliati). In molti musei c’è il wifi gratuito, e in alcuni si può accedere anche senza password, com’è logico che sia in un luogo che riceve soldi pubblici per diffondere conoscenza. E che deve voler bene ai curiosi.
Ci sono musei che ti vendono un pezzo di luna.
A volte un museo ti suggerisce una playlist da ascoltare su Spotify mentre giri per le sale. O ti invita a lavorare a maglia. Ci sono musei italiani dove si fa Pilates sotto pale d’altare (cosa che un suo senso biblico, a ben guardare, ce l’ha). Altri dove si mangia – e stiamo parlando di convivialità vera, non di tristi soirée coatte dove trascinarsi tra “come fare” e “come dire”. Per chi mangia con gli occhi, ci sono musei dove si possono fare collane di fragole.
Il museo e la libertà: un matrimonio tra concetti fatti per capirsi, dopo un fidanzamento – lo concedo – burrascoso.
A proposito, in Italia ci sono musei dove ti puoi sposare.
\\se ti piacque\\
La bacheca Pinterest condivisa “Si può fare”
Foto di questo post di Jacopo Salvi